miércoles, 21 de diciembre de 2011

RIFONDAZIONE MORALE

Notizia di oggi: un commissario di polizia, teoricamente deputato alla difesa dell’ordine e della legalità, è stato arrestato perché rubava. Questo è un esempio di quanto ho definito come “berlusconismo”: una mentalità secondo la quale tutto va bene pur di diventare (un po più) ricchi. Questo è il vero problema dell’Italia, ma non solo dell’Italia. Ed è un problema che la scomparsa di Berlusconi non basterà a risolvere, se non va accompagnata di una rifondazione morale.
Siamo di fronte ad un momento forse storico per l’Italia. Uno di quei momenti in cui passa un treno e lo si può prendere o perdere...è solo questione di attimi e di una consonante (n).
Tre momenti storici gli italiani si sono già lasciati sfugire per dare una svolta, per rinnovare il paese su delle premesse veramente moderne, repubblicane, laiche e democratiche: 1945-48 durante e dopo la Liberazione, quando il movimento partigiano venne emarginato lasciando ancora imperfetta l’unificazione (Gramsci docet), regalando l’Italia al Vaticano ed alle sempiterne forze della destra; 1968-77 nell’onda lunga del movimento, quando per non lasciare lo spazio necessario al cambio, l’Italia sorvegliata speciale della CIA, non cedette alle forze di rinnovamento e le condannò alla frustrazione ed alla violenza; 1993, quando fallita la prima repubblica, invece di cambiare tutto, tutto è rimasto uguale con l’arrivo di Berlusconi e la sostituzone del DC-PSI con Forza Italia, come referente politico delle mafie nazionali, con l’unica differenza che per la prima volta ha governato l’Italia un partito che voleva dividerla in coalizione –paradosso assoluto– con un partito nazionalista di matrice (pre-post-trans) fascista. Tutto come prima. Tutto come sempre. Anzi peggio.
La classe media (lavoratrice o imprenditrice) strozzata dall’oppressione fiscale dello stato peraltro assente, dissanguata dai briganti di stato, attaccata dai delinquenti con la pistola (d’ordinanza o di contrabbando) e da quelli in giacca e cravatta si trova al di sotto di una classe dirigente (intellettuali, politici, professionisti) corrotta, egoista, arrogante, godereccia, miope, ignorante e criminale ed al di sopra di una classe povera abbandonata a sé stessa e dedita ad arrangiarsi come può cercando di seguire il sogno italiano, l’esempio dei “migliori”: soldi subito e facili, calcio, veline e vallette e frodi e furti e miliardi e mignotte.
Un paese, insomma, dove essere onesti è più difficile che essere disonesti. Ma essere buoni è sempre più difficile che essere cattivi. Le norme per una convivenza civile tuttavia sono semplici, alcune stanno pure scritte nei Vangeli (e lo dice un ateo anticlericale!), e sono così banali che pare stupido perfino citarle. Siamo di fronte ad una nuova opportunità, che invoca la responsabilità di tutti. Vediamo di non farcela sfuggire. Io però, nel frattempo, continuo a vivere all’estero.

miércoles, 7 de diciembre de 2011

COSÌ NO!!!

Lo sapevamo, lo sentivamo, ce l'aspettavamo. Ed eccoci qua: il governo Monti, il governo del tecnocrate, del banchiere di Goldman Sachs, sta facendo esattamente quel che avevo pronosticato, insieme a tanti, in un altro mio testo. Sta facendo quel che ci aspettavamo e quello cui siamo abituati ormai da anni. Sta facendo pagare agli stessi i danni che hanno fatto alcuni. E li sta facendo pagare a quelli che pagano ormai da decenni.

Bisognva e bisogna dare un segnale forte alle banche che tengono per le palle quest'accozzaglia di interessi divergenti e di popoli chiamata "Europa" che in comune hanno solo nove mesi d'ERASMUS, se gli va bene.

Viene in mente il mito d'Europa, bella donna rapita e violentata da Zeus, sotto forma di toro. Ora, non vorrei fare accostamentei banali, ma il toro è proprio il simbolo della Finanza, infatti campeggia virile ed aggressivo sulla Broadway, nei pressi di Wall Street a New York. La conclusione del ragionamento tiratela voi.

Bisogna dare un segnale forte alle Banche internazionali ed al Club Bilderberg, insomma a quelli che davvero comandano, che in Italia si spremeranno le persone fino all'ultimo. L'abrogazione dell'Articolo 18 ed il taglio progressivo dei diritti dei lavoratori saranno il prossimo passo, per dare un segnale forte che il capitale ha ragione, sempre e comunque e che vince sempre...come mai come mai sempre in culo agli operai?... cantava una canzone di tanti anni fa, quando la gente era ancora attenta a difendere i propri interessi. Ora preferisce difendere i colori di una maglia, o posizionarsi riguardo divisioni inventate a tavolino, proprio per l'intontimento generale e per nascondere le vere divisioni, non più di classe ma di futuro. Perché se è vero che non esistono più le classi sociali, è ancora vero che alcuni vivono meglio di altri.

Siamo pronti a sacrificarci di nuovo per dare un qualche straccio di speranza ai figli che nasceranno, ahiloro, in Italia. Ma così no. Così pagano sempre gli stessi. Il sempre geniale Piergiorgio Odifreddi lo illustra brillantemente sul suo blog.
Persino sulle case e sulle pensioni sono andati a mettere le loro sporche mani. Ma niente per intaccare i privilegi degli stessi: liberi professionisti, lavoratori autonomi, commercianti, imprenditori, rentiers, banchieri,  politici di tutti i partiti e di tutte le caste, etc. Nessun accenno alla lotta all'evasione, nessun accenno alla lotta alle mafie, nessun accenno alla lotta allo sperpero, nessun acenno alle pensioni dei parlamentari ed ai loro indigeribili privilegi, nessun accenno ai privilegi della Chiesa.

Quousque tandem? Fino a quando sopporteremo tutto questo? La follia ingiustificata, la violenza ingiustificabile di chi mette a ferro e fuoco le città nelle manifestazioni, nasce proprio dall'incapacità di sopportare le ingiustizie, di gestire la frustrazione, dall'esasperazione frutto di decenni di promesse non mantenute e di oppressione. Ma ora, quelli che pagheranno non potranno neppure sottrarvisi, non potranno neppure lamentarsene, perché verrebbero visti come traditori della patria. Diceva Jacinto Benavente che la cosa peggiore che fanno i cattivi è farci dubitare dei buoni. Ora, quelli che per decenni hanno razziato, ed hanno vissuto sulle spalle dei buoni, che lo fanno tuttora e continueranno a farlo, ci spingeranno a pensare che chi non si sottopone al sacrificio, chi protesta, è un nemico della causa comune, un nemico della patria.

Ma non facciamoci ingannare: chi è il vero nemico della patria?

martes, 6 de diciembre de 2011

FERRARA IL PORCO TEOCON

Giuliano Ferrara ha cercato di riportare di nuovo di moda un dibattito vecchio di 30 anni e chiuso nel 1978. Quello sull'aborto. Non dirò niente qui sull'aborto, giacché qualsiasi cosa sarebbe fuori luogo, eccetto il massimo e più profondo rispetto per le scelte -spesso dolorose- di ogni donna.
Cartoon: Giuliano Ferrara (large) by Giulio Laurenzi tagged ferrara,television,italy,pdl
È tipico delle persone che non sono capaci di cambiare e di adattarsi ai nuovi tempi, di vivere ancorate allo stesso tempo che li vide un giorno importanti protagonisti o gloriose figure pubbliche d'interesse. Costoro vivono in un perenne passato, continuando a pensare con le stesse categorie e cambiando a volte solo il sengo dei loro pensieri, giustificandosi con l'idea, vera, che solo gli imbecilli non cambiano mai idea. Ma ignorano il fatto che sono talmente cambiate le situazioni, i contesti, le necessità, i termini, le categorie, le priorità, etc., che pensieri uguali, ma di segno opposto, sono sterili, mentre solo pensieri emergenti, nuovi, basati su categorie nuove, possono far avanzare la società. Ma tant'è. La lotta di Ferrara al comunismo è un'ulteriore dimostrazione che egli vive ancora negli anni '70, quando era ancora qualcuno.
Oggi non è più nessuno, anzi è solo alcuni...al plurale, giacché occupa lo spazio di almeno tre persone.
Si noti che non l'ho chiamato "porco" perché è grosso e grasso e suda sempre ed ha i capelli unti ed un aspetto trasandato. NO. Ho troppo rispetto per le persone obese. L'ho chiamato porco perché somiglia a Napoleon, il maiale protagonista di Animal Farm, la favola di Orwell che tutti dovrebbero leggere, soprattutto i politici. Come lui, e come tutti i maiali, del resto, Ferrara è intelligente, ma cattivo. Il maiale è infatti un animale aggressivo e Ferrara lo è.

Era aggesivo negli anni '70, quando tirava le molotov alla Polizia -anche se ora la difende quando picchia i manifestanti- e lo è tuttora. Figlio di un senatore comunista, è sempre visuto nella politica, in quella brutta, quella dei partiti e delle istituzioni. Quella dei nepotismi e delle raccomandazioni, dei favoritismi e della piaggeria. Ed anche quando ha militato nella politica bella, quella dei movimenti, è stato cattivo e violento. Con un certo gusto per la polemica, anche gratuita, è stato membro del PCI, dal quale poi è stato cacciato. È stato craxiano convinto. È stato un convinto spione della CIA negli anni 80. Lui che era comunista ed ha fatto il '68, ha servito la CIA, che di colpe ne ha non poche riguardo alla deriva violenta dei movimenti, nell'Italia del terrorismo e degli anni di piombo, dell'omicidio Moro e delle stragi di stato, del terrorismo nero e della strategia della tensione.
Ferrara è pasato poi dalla parte dei berluschini, perché erano gli unici a vedere ancora qualche comunista, quando ormai in Italia erano spariti da un pezzo e forse non c'erano mai stati.
È il direttore di un libello infame che fortunatamente leggono in pochissimi e che sopravvive grazie alle sovvenzioni dei politici e degli industriali (prestati alla politica) cui è asservito. Un'abitudine tipica dei giornalisti italiani e soprattutto dei giornalisti politici. Ci sguazza nell'assistenzialismo di stato, lui, figlio di un senatore, abituato quindi al benessere di stato, salvo poi sparare contro il welfare, la società civile, ed il progressismo liberale. Come molti è liberale solo quando gli conviene, ma è stalinista ad libitum.
Passato completamente di moda, ha trovato solo un modo per restare alla ribalta, cioè facendo un salto intellettuale all'indietro di qualche secolo: andando così in totale controtendenza.
Si definisce neocon e/o teocon, perché ama la guerra, ma odia la guerra santa degli islamici (per favore non chiamatelo "terrorismo", almeno non tutto), non odia l'afflato mistico della religione, neppure di quella islamista, am su tutte ama la religione cristiana, che considera la migliore. E propugna il ritorno della legge di Dio (di un dio particolare) come concetto ispiratore della legge dello stato. Tuttavia ignora o nasconde espressamente che i neocon americani non ametterebbero mai che un giornale venga pagato dai contribuenti invece che dai lettori. Dei neocon americani, ignoranti ipocriti retrogradi e cattivi come lui, a Ferrara interessa solo una cosa: gli danno l'opportunità di rivivere il suo passato, e di poter parlare, lui che in un mondo come quello attuale non avrebbe più nulla da dire. Rappresentante degnissimo di quest'Italia di comunisti cattolici (che ossimoro!) lui amplifica i messaggi della Chiesa e per puro protagonismo si fa portavoce dei procalmi antiabortisti di un'istituzione antidemocratica ed oppressiva, schierata da sempre con il potere (politico, economico, mafioso, militare), insensibile alle spinte di rinnovamento che da secoli l'attraversano giungendole dal di dentro e dal di fuori, costantemente impegnata a mantenere lo statu quo salvo quando non le conviene, un'istituzione maschilista e retrograda, difficilmente al passo con i tempi, un'istituzione dove gli scandali di pedofilia venivano e vengono messi a tacere o minimizzati.
Ferrara lotta conotro i comunisti, lui che lo è stato, lui che è figlio di comunisti; lotta contro l'aborto, lui che ne ha "vissuti" tre, lui che forse è proprio il figlio riuscito di un aborto mancato.

Ferrara lotta contro il suo passato. Ora, è noto che la scrittura è un modo per gestire le proprie nevrosi, ma per farci e farsi un favore, piuttosto che scrivere, Ferrara dovrebbe andare da uno psichiatra.
L'immagine seguente, che sintetizza tutto quel che penso della Chiesa come istituzione (della quale salverei ben pochi movimenti e solo alcune persone), è dedicata a lui!

STEVE JOBS: MA QUALE RIVOLUZIONE?!

Steve jos è morto da ormai due mesi. Non ho scritto nulla prima per tre ragioni. Perché mi sarebbe sembrato di fare il tipico coccodrillo; perché mi sarei approfittato della risonanza della sua morte; e poi perché nell’impeto agiografico di quasi tutti e nel calore delle passioni a fior di pelle, nonultima la tristezza per la morte di un essere umano, non sarebbe stato facile digerire quello che penso e scrivo qui ora. Ecco quindi che con un po’ di ritardo ma anche con la pacatezza della riflessione scrivo quel che penso di lui.

Di lui si è detto di tutto: ma soprattutto “un genio”, “un innovatore”, “un rivoluzionario”, “un sognatore”... di lui si è detto tutto, forse. Ma personalmente mi sfugge l’idolatria nei suoi confronti. Mi sfugge soprattutto il fatto che lo si chiami rivoluzionario e questo perché ho troppo rispetto per chi le rivoluzioni le fa o le ha fatte davvero: si chiami Gesú, Martin Lutero, Copernico, Gutemberg, Mandela, Gandhi, Lenin, Che Guevara, Mohamed Yunus (quello dei microcrediti), Jimmy Wales (?), etc.

Certamente Jobs era un ragazzo brillante e sognatore, ha creato dei prodotti fantastici e di culto, è stato una specie di Re Mida che ha convertito in oro tutto cio che ha toccato, dalla Apple (che aveva inventato e dalla quale era stato cacciato)  alla PIXAR. Ma per l’umanità che cosa ha fatto? In che cosa è stato rivoluzionario? Che cosa di quello che ha fatto è servito a cambiare il mondo? Un touch screen? Un meccanismo giroscopico? Il fatto di vendere musica su internet? O il fatto di far assemblare in Cina i propri prodotti orgogliosamente “designed by Apple in Clifornia”? Cosa che del resto fanno ormai tutti quanti.

Se avesse regalato la sua fortuna al Benin o se l’avesse impiegata per formare generazioni di africani poveri a costruire delle fabbriche o a coltivare dei campi in modo efficiente o se avesse regalato dei computer ai poveri dell’America Latina, para colmare il digital divide, se avesse comprato tutte le fabbriche d’armi americane per chiuderle, allora sì che sarebbe stato rivoluzionario. Se avesse spinto per una cultura condivisa e gratuita su internet, se avesse creato una scuola di punta gratuita e solo per i figli di persone a rischio di esclusione sociale, allora sí che sarebbe stato un rivoluzionario.

Mi piacciono i Mac e gli IPod e gli IPhone e gli IPad, li trovo dei prodotti geniali, attraenti e riuscitissimi... ma, sono spiacente, il sogno di Steve Jobs è stato puramente capitalista. È stato il sogno poverissimo dell’arriccihmento personale. È stato un sogno pubblicitario, commerciale, basato sull’esclusività, sulle belle forme, sul desiderio irraggiungibile per molti (che cos’è un Mac se non tutto questo?). È stato un sogno poverissimo, con niente di rivoluzionario dentro (intenzioni) e senza niente di rivoluzionario fuori (risultati). Ed a quanto pare non sono l’unico a pensarlo: ho notato con piacere che un autore brillante come Alexandre Stille, dalle pagine del suo blog, la pensa come me. Che cosa c’è di straordinario o di rivoluzionario nel pur tuttavia grande Steve Jobs? Niente.

viernes, 2 de diciembre de 2011

DAMNATIO MEMORIAE

Chi abbia studiato il latino se ne ricorderà. Se ne ricorderà pure chi abbia amato la storia di Roma, sulla quale il sistema scolatico italiano insiste parecchio, forse perché è da lì che veniamo, e perché è l’unico momento veramente glorioso di cui possano vantarsi gli italiani.

Si ricorderà di certo il fatto che quando un imperatore moriva, difficilmente di vecchiaia e spesso avvelenato o vitima di un’imboscata, quasi sempre ad’opera dei suoi stessi fedeli o famigliari, se era stato buono veniva ricordato con agiografie, statue, fori a lui dedicati e consacrati e con l'apoteosi, l'assunzione all'Olimpo, prova che le divinità, in un modo o nell'altro sono sempre e solo umane. Casi celebri di apoteosi sono quelli di Cesare, Ottaviano Augusto, Marco Aurelio, Costantino, etc.

Quando invece l’imperatore era stato considerato indegno, quasi sempre dai senatori, che costituivano un gruppo i potere fortissimo ed estremamente conservatore, su di lui si abbatteva inesorabile la damnatio memoriae, cioè si condannavano alla distruzione tutti gli oggetti che ne evocavano la memoria, il ricordo: statue, effigi, immagini, steli. Un po’ come si è fatto in Italia con le immagini pubbliche di Mussolini, o in Russia con le statue ed i busti di Stalin e Lenin o più recentemente in Irak con la statua di Saddam Hussein, ed ultimamente in Libia con le immagini di quel farabutto botoxato di Gheddafi, che ha fatto la fine che meritava, con buona pace di quegli ipocriti della NATO.
Ecco credo che sia arrivato il momento ora di praticare anche noi questo rito collettivo con il tiranno che è partito, anche se incombe ancora dall'ombra. Bisognerebbe cancellarlo. Per cancellare l’infamia che ha provocato. Bisognerebbe cominciare cancellandone gli “oggetti” che lo ricordano, almeno quelli principali, quelli che ce lo ricordano di più: si potrebbe cominciare dalle varie Minetti, Carlucci, Carfagna e Gelmini, continuare con i vari Alfani, Schifani, Ghedini, Feltri, Bondi, Ferrara, Sallusti, Minzolini, Lavitola, Tarantini, Larussa, Alemanno, Gasparri, etc. Bisognerebbe cominciare a cancellarli dalla scena politica, dalle televisioni, dai giornali, non citarli quando parlano, non fotografarli, non riprenderli, ignorarli, per farli così svanire dall’universo mediato (TV) nel quale accade la politica. Farli scomparire: purgare l’universo politico mediato.

Si potrebbe cominciare a cancellare dal vocabolario e dalla tecnica politica parole, frasi, pensieri, stili, metafore, categorie, gesti, tic e comportamenti che ci ricordano il tiranno, la sua persona, il suo modo di fare. Si potrebbe cominciare, per esempio, eradicando dai discorsi pubblici, cioè dai discorsi dei personaggi pubblici (quindi non solo dei politici) e delle istituzioni, il personalismo, il manicheismo, il maschilismo, il vittimismo, l'immaturità, l'egocentrismo, l'egoismo, l’omofobia, il disprezzo per le norme e le regole, il disprezzo per la diversità (di pensiero, religione, ideologia, sesso, razza, di comportamenti, etc.).

Bisognerebbe cancellarlo, ma senza dimenticarcene. Ridurlo ad un cattivo ricordo del passato, da non evocare, ed anzi quasi da tacere, come il suo nome, se non fosse per quei casi in cui lo si usa come monito per il futuro.

jueves, 1 de diciembre de 2011

VIVA LA CHIESA!!

In occasione della Giornata Mondiale della lotta contro l'AIDS e ad una settimana esatta dal 20º anniversario della morte di Freddy Mercury, una specie di simbolo della lotta all'AIDS, è importante ricordare il diktat della Chiesa Cristiana Cattolica Apostolica Romana e la sua posizione intelligente e realista in materia di prevenzione delle gravidanze indesiderate e delle malattie veneree, come l'AIDS.


sábado, 19 de noviembre de 2011

CICCIOLINE E BERLUSCHINE

Ora che Cicciolina ha compiuto 60 anni, percepirà la pensione da deputata. Esatto. In Italia ci sono persone che devono lavorare 37 anni per guadagnare quattro soldi di pensione che gli permettano di sbarcare il lunario e ce ne sono altre che dopo soli 5 anni di lavoro hanno una pensione da 3000 euro.
Personalmente Cicciolina mi sta simpatica, come Moana Pozzi (RIP), meno simpatiche mi stanno onorevoli colleghe di professione della Staller come Carlucci, Minetti, Carfagna o Gelmini. Meno simpatici ancora mi stanno le controparti maschili, personaggi che dicono o sognano di avercelo duro, pure dopo gli ictus e le operazioni alla prostata.

Se l’italia, paese del porno e del Vaticano, fosse davvero la democrazia del pene che qualcuno ha creduto che fosse, a vincere le elezioni sarebbe stato Rocco Siffredi, censurato in TV per una pubblicità innocente ed innocua. Invece le elezioni le ha vinte, e per ben tre volte, Silvio Berlusconi, che va a letto con le ragazzine e che di parolacce e volgarità ne ha dette e fatte ben più del grande Rocco. Se ce n’era uno tra i due che andava censurato era proprio Berlusconi, giacché Rocco è rimasto sempre al posto suo, ed ha fatto sempre e solo il mestiere suo, che è l’hard core. Chi si è sbagliato di mestiere, invece, e da menestrello si è creduto presidente del consiglio, è un altro.

Personalmente la pensione di Cicciolina non mi scandalizza in sé e per sé. E non solo perché è stata democraticamente eletta, ma per altre ragioni. Innanzitutto perché Cicciolina mi pare molto più rispettabile di molti altri onorevoli colleghi e colleghe, che hanno dato il culo ed il resto per qualche privilegio, avendo poi la faccia tosta di presentarsi candidamente ed ipocritamente come cattolici devoti, santi e verginelli. Cicciolina, invece, non ha mai nascosto nulla ed è sempre stata sincera. Non ha varato leggi contro il consumo di droga mentre si pippava anche le strisce pedonali, non ha lottato contro la prostituzione nelle strade mentre andava con le escort, non ha ostacolato i matrimoni omosessuali o non ha insultato i gay mentre andava a letto con i transessuali, non si è fatto portavoce dei valori della Chiesa Cattolica mentre tradiva la seconda moglie con la terza amante, etc.

Ora, il problema non è che Cicciolina percepisca la pensione da parlamentare, giacché mi pare molto più onorevole di molti altri suoi onorevoli colleghi. Né che Cicciolina sia la prova che la politica è sporca o che i politici sono schifosi: di questo le prove sono ben altre. Personalmente penso che rovinarsi per soldi (come andare a letto con un cavallo) non sia più sporco che rovinare migliaia di famiglie per soldi. Non mi pare che vendere il proprio corpo sia più sporco che vendersi il voto, vendersi la coscienza o vendersi in toto. Anzi penso che in generale Cicciolina ha fatto del bene agli italiani medi -maschi almeno-, molto più di quanto non ne abbiano fatto certi politici (la maggior parte).
Il problema è che come Ilona Staller, un numero enorme di onorevoli colleghe e colleghi di Cicciolina, gente che non ci ha fatto nessun favore, anzi ci ha inguaiati, repressi, ingannati precepirà la pensione compiuti i 60 anni. E gliela pagheremo noi, mentre a noi ci toccherà andare in pensione dopo 40 anni di lavoro. Forse.

jueves, 17 de noviembre de 2011

CARO MONTI SIAMO PRONTI

Siamo pronti a fare sacrifici. Di nuovo. Ancora. Di più.
Siamo pronti a lavorare di più per guadagnare di meno. A non farci assumere quasi più ed a farci licenziare appena possibile a costo zero.

Siamo pronti e pagare ancora più tasse. Siamo pronti a ricevere in cambio ancora meno servizi e di più bassa qualità.

Siamo pronti a vedere ridotti i budget della scuola, delle università, della ricerca, dell’arte, della cultura. Siamo pronti ad avere meno asili, meno scuole, meno università. Siamo pronti ad un’istruzione peggiore, con meno insegnanti e peggio pagati e più alunni e tutti peggio istruiti.

Siamo pronti a vedere meno medici, meno infermieri e meno mezzi tecnici negli ospedali. In quelli pubblici, s’intende.

Siamo pronti a prendere di meno la macchina perché il prezzo della benzina, del parcheggio, delle assicurazioni e del bollo sarà aumentato. Siemo pronti a vedere meno autobus, tram, metro e treni in circolazione.

Siamo pronti a toglierci internet ed il telefono fisso, tanto basta il cellulare, che è aumentato pure quello, ma non se ne può proprio più fare a meno.

Siamo pronti ad accendere di meno il riscaldamento e spegnere le luci, per risparmiare qualcosa sulle bollette. Siamo pronti a vedere le nostre città un po’ più buie ed un po’ più sporche.

Siamo pronti a non andare più dal dentista per motivi estetici ma ad andarci solo in caso di estrema necessità. Tanto i denti li mostreremo sempre meno, visto che perderemo anche la voglia di ridere.

Siamo pronti a mangiare di meno, ma soprattutto peggio e per un prezzo più caro. E la pizza la mangeremo solo una volta al mese.

Siamo pronti ad uscire di meno la sera e a non andare più in discoteca.

Siamo pronti a vedere retrocedere i progetti per le infrastrutture. Siamo pronti a non vedere mai più finite strade ed autostrade, se mai avessero deciso di finirle. Siamo pronti a vedere ancora ridotti e peggiorati i collegamenti da e per il Sud.

Siamo pronti a pagare tutto più caro ed a vedere aumentare l’IVA e le imposte indirette.

Siamo pronti ad andare in pensione più tardi, per ora due anni più tardi, poi altri tre e poi vi rinunceremo completamente. Per il bene dell’Italia.

Siamo pronti a tutto per il bene dell’Italia. Anche a rinunciare ai nostri diritti e ai nostri piaceri.

Siamo pronti anche ad accettare che i ricchi restino ricchi ed anzi che si arricchiscano di più.

Siamo pronti a vedere lo spread, quello vero, quello che separa ricchi e poveri, aumentare sempre di più, tanto aumenta sempre. Accetteremo che mandino i figli a scuole di qualità (private), che vadano a farsi curare in ospedali di qualità (privati), che abbiano pensioni integrative (private), che abbiano dei sorrisi splendidi, che siano belli e ben vestiti, che parlino 5 lingue e che guidino belle macchine.

Siamo pronti a rinunciare a tutto pur di permettere ai politici, ai ricchi, ai banchieri ed ai privilegiati delle varie caste (quella dei politici è infatti solo una delle tante) di non rinunciare a nessuno dei loro privilegii.

Siamo pronti a pagare noi per loro, come abbiamo sempre fatto. Ringraziamo Berlusconi, la sua cricca e tutti gli stronzi che lo hanno votato o che non hanno fatto niente per cacciarlo, per averci permesso di sacrificarci ancora per l’Italia.

lunes, 14 de noviembre de 2011

GOODBYE SILVIO

Se n’è andato. Tutti avevamo temuto che nascondesse qualcosa e che alla fine ...in cauda venenum... non se ne sarebbe andato. Ed invece non c’è più.
In realtà, a giudicare dalle parole del mostro stesso, come io temevo, non si tratta di un addio, ma solo di un arrivederci.
Da una parte sento comunque un certo sollievo, per essere finalmente usciti dal tunnel, per esserci finalmente svegliati dall’incubo di una lunga notte che durava ormai da 20 anni e che sembrava non sarebbe finita più. Sembra la stessa euforia che si respirava in altri due passagi epocali dell’Italia, segnati, di nuovo, dalla rabbia della folla esasperata contro il tiranno, appeso come un porco a testa in giù.

Una folla che forse non aveva fatto abbastanza per liberarsene ma che appena le circostanze esterne lo hanno permesso, lo ha tirato giù e rinengato con una forza incredibile. C’è una certa continuità, un filo nascosto che lega le folle che scempiano il corpo del 1º Duce (Benito Mussolini) a Piazzale Loreto, quelle che gettano le monetine al grido di “vuoi pure queste” davanti all’Hotel Raphael al 2º Duce (Bettino Craxi) e quelle che gridano “buffone vai via” al 3º Duce (Silvio Berlusconi) davanti a Palazzo Grazioli. C’è qualcosa che lega non solo le folle ma anche i personaggi, e le vicende.

    

E non è solo la calvizie, ma il potere personale fondato sulle parole ed il carisma (innegabile) dei tre personaggi, il disprezzo per le regole e per la politica ragionata, la vanità, l’egocentrismo, le promesse di rinnovamento mai mantenute, la debolezza delle forze che dovevano bilanciarne il potere assoluto, la capacità di comunicare ed il controllo quasi assoluto sui mezzi di comunicazione, l’asservimento dei giornalisti, la viltà e la passività di buona parte della popolazione, ed una lunga lista di “et cetera”.

C’è anche qualcosa di diverso, come la violenza che si riduce progressivamente, dalla mutilazione fisica all’insulto, come si conviene ad una società che cresce e matura, con buona pace del Berlusconi piagnone che si lamenta degli insulti, proprio lui che dell’insulto e della delegittimazione ha fatto il suo modo di comunicare. E ricordo che la parola stessa “delegittimazione”, frequentissima nel suo vocabolario, entra nel lessico politico con una certa frequenza solo negli anni ‘90.
Questo filo, che si riflette nella ricorrenza della scena del popolo stanco che scalcia il tiranno ormai “morto”, che si riflette nelle condizioni che ne hanno determinato ascesa e caduta, indica che tutti e tre i Duci non sono degli incidenti casuali della storia italiana, ma delle espressioni della natura degli italiani e dell’italianismo (non dell’italianità, che non esiste). Ad ennesima riprova di quanto ho sostenuto per anni che Berlusconi non era la causa, ma un risultato del problema, che era piuttosto un epifenomeno del problema. Un po’ come dire che Berlusconi ce lo meritiamo perché “è noi”. Berlusconi non era la malattia, ma il sintomo di un certo “berlusconismo” inteso come modo di fare, di pensare, di vivere, di discutere, di rapportarsi agli altri. Un berlusconismo che è nel DNA degli italiani. O forse che gli italiani non evadono le tasse? Che non sono egoisti? Che non fanno battute contro (e non su) i gay? O che non sono razzisti? Forse che gli italiani non sono maschilisti? Forse che gli italiani non sono mammoni? Forse che non sognano il bunga bunga, le veline e le carfagne, le carlucce, le minette e le gelmine? Forse che non sono malati di calcio? Forse che non sono vanitosi? Forse che non sono mafiosi?...
Ecco quindi che se da una parte c’è speranza, dall’altra c’è ancora paura. In realtà non credo che sia finita, come già ho detto altrove. E le ragioni sono molto semplici: 1) Berlusconi Silvio deve salvare la sua roba, le sue aziende, e sa che se non è in politica perde tanto denaro, e forse fa ancora in tempo ad andare in galera, soprattutto se qualche politico normale comincia a dire basta all’illegalità che contraddistingue il comportamento di Fininvest-Mediaset-Publitalia da almeno 30 anni. 2) Berlusconi ed il suo partito costituiscono il referente politico preferito (ce ne sono altri) delle mafie nazionali, mafie che hanno bisogno di rappresentanti in parlamento che patrocinino-gestiscano-proteggano i loro interessi. 3) Il berlusconismo, come il craxismo ed il fascismo, è troppo radicato nella mentalità degli italiani per scomparire.
Il vero pericolo per l’italia non è Berlusconi, ma il berlusconismo. È bene cominciare a liberarsi del primo, ma è di quest’ultimo che dobbiamo prima o dopo liberarci.

viernes, 11 de noviembre de 2011

DALLA PADELLA NELLA BRACE

Quando nella mia ultima pubblicazione avevo chiuso con una fiaba di Esopo, dicendo che il tiranno nuovo è sempre peggiore di quello vecchio, non mi sono sbagliato.
È difficile pensare a qualcuno peggiore di Berlusconi, ma noi italiani ci siamo riusciti. O meglio ci è riuscito il sistema stesso politico-economico mondiale, l'unico vero regolatore della vita di milioni di persone, ed ormai l’unico motore della politica: lo dimostra il fatto che nonostante gli innumerevoli scandali, non ultimi qulli sessuali con delle minorenni, solo il sistema politico-economico globale sotto la spinta della crisi economica ha potuto scalzare Berlusconi.
Il prossimo Presidente del Consiglio sarà Mario Monti. I mezzi di comunicazione lo definiscono "bocconiano", in riferimento ai suoi studi all'università privata più conosciuta d'Italia, e l'unica che rientra nei ranking delle università migliori del mondo. Ciò che la dice lunga sulla situazione delle altre università italiane, quelle pubbliche, con un budget di sei volte inferiore a quello della Difesa. I media lo definiscono anche “commissario”, in riferimento alla sua carriera nelle istituzioni dell’UE come commissario del Commercio interno prima e poi della Concorrenza, prima che venisse sostituito proprio da Berlusconi con Rocco Bidone, pardon Buttiglione… si trattava di un volume più piccolo…
Ora, entrambe le definizioni sono vere, ma quello che queste definizioni nascondono è un dato allarmante, e cioè che Mario Monti è stato consigliere di Goldman Sachs, una delle banche d’investimento che, insieme a Morgan Stanley, si trovò al bordo della bancarotta nella crisi che dura ormai dal 2008. Goldman Sachs è una delle banche responsabili della crisi attuale, una crisi che il nano priapista e delirante non ha saputo né voluto gestire, interessato com’era a difendersi dagli innumerevoli processi penali, a salvare la sua roba, a proteggere gli interessi delle mafie che lo sostengono o ad accontentare gli xenofobi, fascisti, forcaioli, ignoranti ed ultracattolici leghisti o meridionali che lo votano. Nel 2010 Goldman Sachs è stata anche formalmente accusata di frode per la questione delle ipoteche subprime, che è la scintilla dell’attuale crisi economica.
Ma Goldman Sachs è anche stata accusata di aver avuto un ruolo primario nell’occultamento del deficit del debito pubblico greco. Uno degli elementi di maggiore instabilità dei mercati.
Ora, alla guida dei due paesi più in bilico d’Europa ci sono due banchieri (sì sì, anche il nuovo primo ministro greco è un ex-banchiere!). E a chi credete voi che un banchiere farà mai pagare il prezzo di questa crisi? Alle banche? Ai privilegiati di ogni tipo? Ai numerosi ed inutili politici ed amministratori vari? Agli evasori? Alle rendite da capitale?
Ci hanno messo in trappola e per bene: prima ci hanno inguaiato i banchieri (e Berlusconi) ed ora ci domandano di fare ancora sacrifici, ma dei sacrifici che non possiamo rifutarci di fare, per non perdere quel poco di benessere che abbiamo conquistato e che ancora ci rimane... o per non perdere almeno il sogno di un certo benessere.
Insomma: mettiamo alla guida di un paese che si trova in crisi a causa del non-governo, dell’ignoranza, della meschinità, delle buffonate e dei deliri di Berlusconi & Co., una persona che ha contribuito ad inguaiare non un paese, ma il mondo intero. Stiamo mettendo chi ha creato il “problema” a capo della ricerca della “soluzione”. Paradossale. Abbiamo messo il lupo a guardia delle pecore!!
Però tant’è, Mario Monti non è l’ex consigliere di Golman Sachs, è il “bocconiano”: come se l’aver studiato in una università cara e rinomata (Monti ha studiato anche a Yale) fosse una qualche garanzia di “bontà” nel senso etico, umano, morale ed umanitario.
la soluzione al problema è difficile, perché il problema non è la crisi, è il capitalismo, almeno così come lo intendiano ora... come lo abbiamo inteso finora. Io non ne conosco altri, ma forse ci sono altri modi per intenderlo, forse c’è un modo per renderlo più umano, più giusto, più solidale, ed è questa, forse, l’unica e vera soluzione alla crisi presente ed a quelle future.
In bocca al lupo...ehem!

miércoles, 9 de noviembre de 2011

BERLUSCONI, SAYONARA

Ho letto i giornali e pare ormai chiaro a tutti che il nano gasato priapista e con deliri di onnipotenza che finora ha governato l’Italia ha finito la benzina, almeno per questa legislatura. Ché magari poi si candida di nuovo e vince di nuovo, tanto sono coglioni gli italiani. Berlusconi quindi perderà il governo, ma non è finito, né è morto (politicamente).
Ecco perché sono preoccupato lo stesso. E molto.
Innanzitutto perché nulla osta che Berlusconi potrà continuare a fare i propri comodi, patrocinare i propri interessi, controllare il governo, la politica, l’economia e le menti dei cittadini attraverso i suoi uomini a libro paga, persone come Letta, Alfano o Schifani... una persona che come ho già detto altrove, ha il destino scritto nel nome, cioè nel cognome.
Poi perché sfortunatamente dall’altro lato dell’arco político costituzionale c’è il vuoto spinto, il nulla, lo zero kelvin. Nessuna proposta, nessuna serietà, nessun valore, ma disvalori come se ne vedono ormai dappertutto in quest’Italia all’ultima spiaggia.
Per l'Italia non c'è scampo a meno di una vera e propria rifondazione morale di tutti i cittadini e delle forze vive della società, soprattutto di quelle deputate all’educazione della società: genitori, professori, educatori. È vero che il pesce comincia sempre a puzzare dalla testa, ma Berlusconi non è la testa, è il popolo la testa di un Paese, a meno di considerare chi lo governa la testa di un Paese. Bisogna cominciare ad essere onesti, a fare il proprio dovere, a fare (parafrasando JFK) qualcosa per il Paese e per gli altri prima che per sé stessi. Cominciare ad essere onesti per pretendere che gli altri lo siano, cominciare a rispettare gli altri per pretendere di essere rispettati. E si comincia dalle cose piccole: pagare il biglietto dell’autobus, pagare le tasse, fare la fila, non pasare col rosso, etc. Bisogna, semplicemente (che non significa che sia facile) imparare ad esere onesti e disimparare quel che finora è stata la caratteristica principale dell’italianismo, la furbizia.
Lo scempio degli ultimi 10-20-30-40-50 anni...sembra incredibile, ma più ci penso e più vado indietro con le date dello scempio... ma va bene, limitiamoci agli ultimi 20 anni, cioè dall’entrata di Berlusconi in politica che ha sifgnificato al vittoria delle forze moralmente più basse di questo paese... lo scempio degli ultimi 20 anni non sarebbe stato possibile senza la connivenza attiva, la complicità, o comunque l'indifferenza (un'altra forma di complicità... passiva) delle forze dell’ordine, che sono forti con i deboli e deboli con i forti, degli intellettuali, che sono stati a libro paga dei potenti, dei giornalisti, pennivendoli svenduti (salvo rare eccezioni), di parte della magistratura, della quasi totalità degli uomini politici, e cosa ben più grave, della maggior parte dei cittadini.
Sono contento che finalmente Berlusconi via dal governo, anche se resterà nell’ombra per garantire i suoi interessi (salvare la roba), cosa che lo muove da almeno venti anni e che è stata la ragione principale della sua entrata in politica insieme alla necessità di dare alle mafie il referente politico necessario dopo la caduta di DC e PSI. Sono contento che l’Italia possa non dico recuperare un po’ di credibilità, ma almeno di non perderne più. Ma sono molto scettico, troppo disilluso per poter credere che le cose possano andare meglio...
Una vecchia fiaba di Esopo finiva commentando che il nuovo tiranno è SEMPRE peggiore di quello che lo ha preceduto... staremo a vedere. Nel frattempo ricordo che il vero cambio deve cominciare dalla testa e la testa siamo noi cittadini.