La morte del
quattordicenne romano, l’ennesima morte dell’omofobia, sorprende solo chi vuole
farsi sorprendere, perché di sorprendente c’è solo il fatto che siano così
pochi a siucidarsi, visto come noi tutti gli rendiamo la vita difficile.
Della morte di quel ragazzo siamo colpevoli tutti: ogni
volta che facciamo uno scherzo a sfondo (omo)sessuale, ogni volta che prendiamo
in giro gli omosessuali, ogni volta che diciamo di un uomo debole che “è un
frocio”, ogni volta che sentiamo qualcuno dire che l’omosessualità è una
malattia, che si cura con gli ormoni, ogni volta che un padre o una madre dice
(o pensa) che “è meglio avere un figlio ladro che frocio”, ogni volta che un
padre o una madre di un gay si domanda “dove ho sbagliato”, o pensa “che cosa
penseranno gli altri”, ogni volta che allo stadio si grida “ricchione” a qualcuno, ogni
volta che si fa il gesto dell’orecchio per offendere qualcuno, che ci si da di
gomito, che si sorride di scherno quando si vede un gay, ogni volta che ci si riferisce con disprezzo
ai gay, ogni volta che ci vergogniamo di uscire con un amico gay perché sennò
pensano che siamo froci o ricchioni o piglianculo (a seconda della latitudine),
ogni volta che ci offendiamo se ci chiamano “ricchione” o ci sospettano di
esserlo, ogni volta che pensiamo che essere chiamati gay è un insulto, ogni
volta che pensiamo che “gay va bene, ma a casa loro, non certo per la strada”, ogni
volta che pensiamo che “a me non danno fastidio, ma non mi piacciono le checche”,
ogni volta che compatiamo i genitori di un gay, perché “deve essere proprio
difficile”, ogni volta che pensiamo “è gay, ma è simpatico” o “è gay, ma io no
eh?”.
Siamo colpevoli tutti, perché ogni volta che sentiamo qualcuno dire
qualcosa contro i gay e non facciamo niente, siamo complici. Siamo colpevoli
perché quando vediamo in TV o al cinema scherzi o dichiarazioni omofobe (dai
politici ai comici di paccottiglia) e non c’indigniamo, siamo complici. Perché
ogni volta che il Vaticano o i suoi numerosi portavoce dicono qualcosa contro i
gay e non c’indigniamo, siamo tutti colpevoli. Quando neghiamo i diritti (matrimonio,
adozione, etc.), ed arrampicandoci sugli specchi cerchiamo delle
giustificazioni biologiche, storiche, morali, religiose, politiche, alla nostra ottusità, siamo colpevoli tutti. E se non facciamo niente nel nostro
piccolo, per cambiare mentalità e farla cambiare a chi ci circonda, siamo tutti
complici. Anche della morte di un quattordicenne incompreso che s’è lanciato
dal terrazzo condominiale.