jueves, 17 de octubre de 2013

SE QUALCUNO UCCIDE PIÙ DI PRIEBKE



Priebke era ed è uno scarafaggio, come tutti i nazisti passati. Ma era figlio del suo tempo, per cui posso anche giustificarlo in prospettiva storica. Posso anche giustificare la rappresaglia contro l’attentato di via Rasella ed il conseguente eccidio delle Fosse Ardeatine, come un episodio di guerra. È certamente un triste episodio, ma non c’è niente nella guerra che non sia triste. Perché in guerra, volenti o nolenti, si uccide e si muore, anche nelle guerre che nell’odierna neolingua (peggiore di quella di 1984 solo perché reale) vengono chiamate “missioni di pace”. È la stessa neolingua in cui le forze del disordine vengono chiamate “forze dell’ordine”.

Anche i nazisti di oggi sono scarafaggi. Però questi sono peggiori dei nazisti passati e non hanno la giustificazione della Storia, della contingenza, del contesto, dell'ignoranza. Questi sono ingustificabili.

Però la politica è fatta di simboli e concentrandoci su alcuni simboli ne dimentichiamo altri. Priebke, vissuto comodamente e in pace a Roma fino a 100 anni, è diventato un simbolo. Però dietro il simbolo rischiamo di dimenticare la storia: Priebke, era un nazista tedesco, membro di una forza di occupazione sul territorio italiano ed ha ucciso quelli che secondo lui erano “insorgenti” o “terroristi” (ma che noi italiani repubblicani chiamiamo “partigiani” e consideriamo “patrioti”). 

Personalmente m’indignano molto di più le morti bianche causate dai Riva, che con il loro inquinamento uccidono la gente lentamente e senza che se ne accorga; le morti causate dai Formigoni, che rubano i soldi degli ospedali pubblici dove poi si muore per un parto o per un’appendicite; le morti causate dai Berlusconi e dai Dolce&Gabbana, che con le loro evasioni milionarie tolgono risorse preziose all’istruzione, alle carceri, ai servizi sociali, agli orfani, agli anziani, etc. 

Queste morti invisibili mi fanno più male delle vittime di un nazista in tempo di guerra. E chiedo lo stesso disonore eterno dedicato a Priebke per i Riva, i Formigoni, i Berlusconi, di cui è piena l’Italia, perché fanno più vittime di quanti ne ha fatti quello scarafaggio di Priebke.

martes, 17 de septiembre de 2013

B. DA INTRATTENITORE A INTRATTENIMENTO


La politica istituzionale, quella che i politici considerano come l’unica attività politica possibile, bollando come Antipolitica tutte le espressioni politiche alternative al Palazzo, è una farsa, e lo sanno tutti. Serve a soddisfare le necessità psicologiche profonde dei cittadini, come la religione (v. i libri di Murray Edelman). Ed esiste in effetti certa omologia tra la clericatura e la carriera politica, come l’esoterismo (gli iniziati, cioè quelli che stanno dentro capiscono e tutti gli altri stanno fuori e non capiscono), il gergo, i riti ed i miti politici, come pure ci sono analogie tra il credo politico o la fede politica ed i loro precedenti religiosi (v. i testi di Pierre Bourdieu e di Hans Magnus Enzensberger). 

La Politica serve a soddisfare necessità psicologiche profonde, serve ad offrire rassicurazione delle minacce, o a fornire figure paterne, siano esse autoritarie o affettuose (v. i libri di George Lakoff), che calmino le nostre paure, serve a semplificare e rendere comprensibile un mondo complesso, ma soprattutto serve a far accettare un mondo ingiusto. Ho detto paterne, perché psicologicamente è il padre che protegge dalle minacce, ed infatti la politica è fatta di uomini e persino dove le donne hanno successo le si definisce sempre in termini maschili o come dotate di attributi maschili (“hanno le palle”).


Questa introduzione è fondamentale per capire l’utilità e la funzione di B. all’interno dello spettacolo (tragicomico) della Politica italiana. Se il fine della Politica è intrattenere le masse per non cambiare i rapporti di produzione ineguali e le ingiustizie profonde alla base della società capitalista, s’intende l’importante funzione che B. come intrattenitore svolse negli anni ‘80, con le sue TV, quando cominciò inesorabile la distruzione dello Stato e del sistema di Welfare, la distruzione delle ideologie rivoluzionarie ed il reflusso ideologico, l’individualismo, l’egoismo ed il rampantismo, insomma nell’era del trionfo del neoliberismo e del capitalismo sfrenato. Non è un caso che il principale sostenitore del Berlusconismo nella Milano da bere fu proprio Craxi, l’uomo che dissolse il Socialismo nel capitalismo. A chi si domanda oggi come sia possibile che Napolitano faccia quel che fa, ricordo che fu ammiratore di Craxi e protagonista della corrente interna del PCI che voleva la craxizzazione del partito delle Botteghe Oscure.

 Con le sue TV B. permise la penetrazione delle idee neoliberiste nella testa degli italiani, con le sue TV li anestetizzò, preparandoli a tutto quel che sarebbe avvenuto dopo. B. è stato il massimo intrattenitore della Politica italiana. Ed al di là del fatto di costituire il referente privilegiato delle mafie italiane, la sua funzione propriamente politica era proprio quella d’intrattenitore.

Ora, per una sorta di nemesi della storia, da soggetto dell’intrattenimento è diventato invece oggetto dell’intrattenimento: si è trasformato nell’intrattenimento. È lui, e non più i suoi programmi, ad intrattenere le masse. Queste, interessandosi ai suoi problemi, dimenticano i loro, mentre nel contempo, i Politici, per continuare a sguazzare nel potere e nel benessere, sono obbligati dalle banche e dagli istituti finanziari italiani e stranieri, dal Vaticano, dalla lobby delle armi, e dai vari gruppi di potere, a non fare niente: perché proprio di questo si tratta, non fare niente, afinché nulla cambi.

Infatti, niente è cambiato: le masse perdono costantemente potere d’acquisto e diritti, perdono dignità e giustizia, libertà e democrazia, mentre aumenta la loro soglia di tolleranza ai soprusi ed alle umiliazioni, e dove l’indignazione, palesata ed ostentata in infinite situazioni come un abitudine, non riesce invece ad uscire da Facebook, per essere canalizzata in un cambio.

domingo, 11 de agosto de 2013

SIAMO COLPEVOLI TUTTI

La morte del quattordicenne romano, l’ennesima morte dell’omofobia, sorprende solo chi vuole farsi sorprendere, perché di sorprendente c’è solo il fatto che siano così pochi a siucidarsi, visto come noi tutti gli rendiamo la vita difficile. 

Della morte di quel ragazzo siamo colpevoli tutti: ogni volta che facciamo uno scherzo a sfondo (omo)sessuale, ogni volta che prendiamo in giro gli omosessuali, ogni volta che diciamo di un uomo debole che “è un frocio”, ogni volta che sentiamo qualcuno dire che l’omosessualità è una malattia, che si cura con gli ormoni, ogni volta che un padre o una madre dice (o pensa) che “è meglio avere un figlio ladro che frocio”, ogni volta che un padre o una madre di un gay si domanda “dove ho sbagliato”, o pensa “che cosa penseranno gli altri”, ogni volta che allo stadio si grida “ricchione” a qualcuno, ogni volta che si fa il gesto dell’orecchio per offendere qualcuno, che ci si da di gomito, che si sorride di scherno quando si vede un gay, ogni volta che ci si riferisce con disprezzo ai gay, ogni volta che ci vergogniamo di uscire con un amico gay perché sennò pensano che siamo froci o ricchioni o piglianculo (a seconda della latitudine), ogni volta che ci offendiamo se ci chiamano “ricchione” o ci sospettano di esserlo, ogni volta che pensiamo che essere chiamati gay è un insulto, ogni volta che pensiamo che “gay va bene, ma a casa loro, non certo per la strada”, ogni volta che pensiamo che “a me non danno fastidio, ma non mi piacciono le checche”, ogni volta che compatiamo i genitori di un gay, perché “deve essere proprio difficile”, ogni volta che pensiamo “è gay, ma è simpatico” o “è gay, ma io no eh?”. 

Siamo colpevoli tutti, perché ogni volta che sentiamo qualcuno dire qualcosa contro i gay e non facciamo niente, siamo complici. Siamo colpevoli perché quando vediamo in TV o al cinema scherzi o dichiarazioni omofobe (dai politici ai comici di paccottiglia) e non c’indigniamo, siamo complici. Perché ogni volta che il Vaticano o i suoi numerosi portavoce dicono qualcosa contro i gay e non c’indigniamo, siamo tutti colpevoli. Quando neghiamo i diritti (matrimonio, adozione, etc.), ed arrampicandoci sugli specchi cerchiamo delle giustificazioni biologiche, storiche, morali, religiose, politiche, alla nostra ottusità, siamo colpevoli tutti. E se non facciamo niente nel nostro piccolo, per cambiare mentalità e farla cambiare a chi ci circonda, siamo tutti complici. Anche della morte di un quattordicenne incompreso che s’è lanciato dal terrazzo condominiale.