A volte i politici dicono cose che dicono di loro molto di più di quanto essi
stessi si sforzino di dire e dicono persino molto di quello che essi si sforzano di
tacere. Spesso una sola frase basta a descriverli perfettamente.
Di Matteo Renzi,
terzo presidente del Consglio italiano non votato da nessuno (dopo Monti e
Letta), non avevo finora detto niente perché non vale niente ed è nessuno. In realtà
questo è proprio il motivo per cui sta lì: proprio il suo essere nessuno
permette e garantisce la continuità e la salvaguardia degli interessi congiunti di Stato+Mafia+Chiesa+Banca+Politica+Militari.
Però oggi voglio dire qualcosa sulla sua ideologia politica, al di là delle sue finzioni
comunicative. Negli utlimi tempi Renzi non perde
occasione per parlare del lavoro sempre negli stessi termini: "Il lavoro
non è il campo di gioco dello scontro politico"; "C’è l’idea di fare
del lavoro il luogo dello scontro"; "guai a fare del mondo del lavoro
il terreno dello scontro".
Ciò dimostra
innanzitutto che non si tratta di un’uscita improvvisata, ma di una strategia
comunicativa: ripetere la stessa sciocchezza finché non diventa vera o almeno
finché non la si accetta come tale. Ma soprattutto, quel che è importante è notare che non si tratta di ignoranza
politica. In effetti è almeno da Karl Marx che il lavoro è considerato il luogo per eccellenza dello
scontro politico, ed in particolare di classe; perché è il luogo in cui si
mostra chiaramente la dialettica tra proprietari dei mezzi di produzione (padroni)
e assalariati (lavoratori), tra proprietari del profitto (padroni) e produttori
del profitto (lavoratori); perché il lavoro, con le sue differenze di orari e
salari, privilegi ed ingiustizie, è il luogo per eccellenza della disuguaglianza.
Pensare che il lavoro possa non essere un luogo di scontro politico dimostra
la volontà di cancellare il conflitto sociale, la lotta di classe, di rappresentare il mondo come se non
ci fosse conflitto, significa fornire strategicamente una narrazione in cui il conflitto
non esiste, mentre invece c’è eccome. Ma le parole di Renzi dimostrano anche da
quale mente provengono: riecheggiano infatti le recenti dichiarazioni del presidente di
Confindustria (e padrone), che ha detto che "i padroni non esistono più". Dimostrano quindi chiaramente quale discorso Renzi stia portando avanti e quali poteri rappresenti. Non si
tratta solo di ignorare o rinnegare Marx, non si tratta solo d’ignoranza
politica, ma significa cancellare il conflitto a parole, costruire con le
parole un mondo diverso da quello reale, insomma significa mentire sapendo di
farlo. Un’altra cosa riecheggiano le parole di Renzi: il tentativo fallito del
Fascismo di pacificare lo scontro sociale (che è ineliminabile se non si
trasforma la società di classe in una società senza classi). Allora, per
pacificare lo scontro sociale ovviamente irrisolto ed irrisolvibile mediante la "rivoluzione" fascista (che era conservatrice e voluta dagli industriali e
dai cattolici spaventati dai bolscevichi), il fascismo dovette ricorrere alla
creazione del sindacato verticale e delle corporazioni ed alla violenza fisica,
all’olio di ricino ed ai manganelli. Oggi si ricorre alla parola... e quando è necessario anche ai manganelli!!