viernes, 7 de noviembre de 2014

RENZI, IL LAVORO E LO SCONTRO SOCIALE


A volte i politici dicono cose che dicono di loro molto di più di quanto essi stessi si sforzino di dire e dicono persino molto di quello che essi si sforzano di tacere. Spesso una sola frase basta a descriverli perfettamente.
Di Matteo Renzi, terzo presidente del Consglio italiano non votato da nessuno (dopo Monti e Letta), non avevo finora detto niente perché non vale niente ed è nessuno. In realtà questo è proprio il motivo per cui sta lì: proprio il suo essere nessuno permette e garantisce la continuità e la salvaguardia degli interessi congiunti di Stato+Mafia+Chiesa+Banca+Politica+Militari.

Però oggi voglio dire qualcosa sulla sua ideologia politica, al di là delle sue finzioni comunicative. Negli utlimi tempi Renzi non perde occasione per parlare del lavoro sempre negli stessi termini: "Il lavoro non è il campo di gioco dello scontro politico"; "C’è l’idea di fare del lavoro il luogo dello scontro"; "guai a fare del mondo del lavoro il terreno dello scontro".

Ciò dimostra innanzitutto che non si tratta di un’uscita improvvisata, ma di una strategia comunicativa: ripetere la stessa sciocchezza finché non diventa vera o almeno finché non la si accetta come tale. Ma soprattutto, quel che è importante è notare che non si tratta di ignoranza politica. In effetti è almeno da Karl Marx che il lavoro è considerato il luogo per eccellenza dello scontro politico, ed in particolare di classe; perché è il luogo in cui si mostra chiaramente la dialettica tra proprietari dei mezzi di produzione (padroni) e assalariati (lavoratori), tra proprietari del profitto (padroni) e produttori del profitto (lavoratori); perché il lavoro, con le sue differenze di orari e salari, privilegi ed ingiustizie, è il luogo per eccellenza della disuguaglianza.

Pensare che il lavoro possa non essere un luogo di scontro politico dimostra la volontà di cancellare il conflitto sociale, la lotta di classe, di rappresentare il mondo come se non ci fosse conflitto, significa fornire strategicamente una narrazione in cui il conflitto non esiste, mentre invece c’è eccome. Ma le parole di Renzi dimostrano anche da quale mente provengono: riecheggiano infatti le recenti dichiarazioni del presidente di Confindustria (e padrone), che ha detto che "i padroni non esistono più". Dimostrano quindi chiaramente quale discorso Renzi stia portando avanti e quali poteri rappresenti. Non si tratta solo di ignorare o rinnegare Marx, non si tratta solo d’ignoranza politica, ma significa cancellare il conflitto a parole, costruire con le parole un mondo diverso da quello reale, insomma significa mentire sapendo di farlo. Un’altra cosa riecheggiano le parole di Renzi: il tentativo fallito del Fascismo di pacificare lo scontro sociale (che è ineliminabile se non si trasforma la società di classe in una società senza classi). Allora, per pacificare lo scontro sociale ovviamente irrisolto ed irrisolvibile mediante la "rivoluzione" fascista (che era conservatrice e voluta dagli industriali e dai cattolici spaventati dai bolscevichi), il fascismo dovette ricorrere alla creazione del sindacato verticale e delle corporazioni ed alla violenza fisica, all’olio di ricino ed ai manganelli. Oggi si ricorre alla parola... e quando è necessario anche ai manganelli!!