miércoles, 21 de diciembre de 2011

RIFONDAZIONE MORALE

Notizia di oggi: un commissario di polizia, teoricamente deputato alla difesa dell’ordine e della legalità, è stato arrestato perché rubava. Questo è un esempio di quanto ho definito come “berlusconismo”: una mentalità secondo la quale tutto va bene pur di diventare (un po più) ricchi. Questo è il vero problema dell’Italia, ma non solo dell’Italia. Ed è un problema che la scomparsa di Berlusconi non basterà a risolvere, se non va accompagnata di una rifondazione morale.
Siamo di fronte ad un momento forse storico per l’Italia. Uno di quei momenti in cui passa un treno e lo si può prendere o perdere...è solo questione di attimi e di una consonante (n).
Tre momenti storici gli italiani si sono già lasciati sfugire per dare una svolta, per rinnovare il paese su delle premesse veramente moderne, repubblicane, laiche e democratiche: 1945-48 durante e dopo la Liberazione, quando il movimento partigiano venne emarginato lasciando ancora imperfetta l’unificazione (Gramsci docet), regalando l’Italia al Vaticano ed alle sempiterne forze della destra; 1968-77 nell’onda lunga del movimento, quando per non lasciare lo spazio necessario al cambio, l’Italia sorvegliata speciale della CIA, non cedette alle forze di rinnovamento e le condannò alla frustrazione ed alla violenza; 1993, quando fallita la prima repubblica, invece di cambiare tutto, tutto è rimasto uguale con l’arrivo di Berlusconi e la sostituzone del DC-PSI con Forza Italia, come referente politico delle mafie nazionali, con l’unica differenza che per la prima volta ha governato l’Italia un partito che voleva dividerla in coalizione –paradosso assoluto– con un partito nazionalista di matrice (pre-post-trans) fascista. Tutto come prima. Tutto come sempre. Anzi peggio.
La classe media (lavoratrice o imprenditrice) strozzata dall’oppressione fiscale dello stato peraltro assente, dissanguata dai briganti di stato, attaccata dai delinquenti con la pistola (d’ordinanza o di contrabbando) e da quelli in giacca e cravatta si trova al di sotto di una classe dirigente (intellettuali, politici, professionisti) corrotta, egoista, arrogante, godereccia, miope, ignorante e criminale ed al di sopra di una classe povera abbandonata a sé stessa e dedita ad arrangiarsi come può cercando di seguire il sogno italiano, l’esempio dei “migliori”: soldi subito e facili, calcio, veline e vallette e frodi e furti e miliardi e mignotte.
Un paese, insomma, dove essere onesti è più difficile che essere disonesti. Ma essere buoni è sempre più difficile che essere cattivi. Le norme per una convivenza civile tuttavia sono semplici, alcune stanno pure scritte nei Vangeli (e lo dice un ateo anticlericale!), e sono così banali che pare stupido perfino citarle. Siamo di fronte ad una nuova opportunità, che invoca la responsabilità di tutti. Vediamo di non farcela sfuggire. Io però, nel frattempo, continuo a vivere all’estero.

miércoles, 7 de diciembre de 2011

COSÌ NO!!!

Lo sapevamo, lo sentivamo, ce l'aspettavamo. Ed eccoci qua: il governo Monti, il governo del tecnocrate, del banchiere di Goldman Sachs, sta facendo esattamente quel che avevo pronosticato, insieme a tanti, in un altro mio testo. Sta facendo quel che ci aspettavamo e quello cui siamo abituati ormai da anni. Sta facendo pagare agli stessi i danni che hanno fatto alcuni. E li sta facendo pagare a quelli che pagano ormai da decenni.

Bisognva e bisogna dare un segnale forte alle banche che tengono per le palle quest'accozzaglia di interessi divergenti e di popoli chiamata "Europa" che in comune hanno solo nove mesi d'ERASMUS, se gli va bene.

Viene in mente il mito d'Europa, bella donna rapita e violentata da Zeus, sotto forma di toro. Ora, non vorrei fare accostamentei banali, ma il toro è proprio il simbolo della Finanza, infatti campeggia virile ed aggressivo sulla Broadway, nei pressi di Wall Street a New York. La conclusione del ragionamento tiratela voi.

Bisogna dare un segnale forte alle Banche internazionali ed al Club Bilderberg, insomma a quelli che davvero comandano, che in Italia si spremeranno le persone fino all'ultimo. L'abrogazione dell'Articolo 18 ed il taglio progressivo dei diritti dei lavoratori saranno il prossimo passo, per dare un segnale forte che il capitale ha ragione, sempre e comunque e che vince sempre...come mai come mai sempre in culo agli operai?... cantava una canzone di tanti anni fa, quando la gente era ancora attenta a difendere i propri interessi. Ora preferisce difendere i colori di una maglia, o posizionarsi riguardo divisioni inventate a tavolino, proprio per l'intontimento generale e per nascondere le vere divisioni, non più di classe ma di futuro. Perché se è vero che non esistono più le classi sociali, è ancora vero che alcuni vivono meglio di altri.

Siamo pronti a sacrificarci di nuovo per dare un qualche straccio di speranza ai figli che nasceranno, ahiloro, in Italia. Ma così no. Così pagano sempre gli stessi. Il sempre geniale Piergiorgio Odifreddi lo illustra brillantemente sul suo blog.
Persino sulle case e sulle pensioni sono andati a mettere le loro sporche mani. Ma niente per intaccare i privilegi degli stessi: liberi professionisti, lavoratori autonomi, commercianti, imprenditori, rentiers, banchieri,  politici di tutti i partiti e di tutte le caste, etc. Nessun accenno alla lotta all'evasione, nessun accenno alla lotta alle mafie, nessun accenno alla lotta allo sperpero, nessun acenno alle pensioni dei parlamentari ed ai loro indigeribili privilegi, nessun accenno ai privilegi della Chiesa.

Quousque tandem? Fino a quando sopporteremo tutto questo? La follia ingiustificata, la violenza ingiustificabile di chi mette a ferro e fuoco le città nelle manifestazioni, nasce proprio dall'incapacità di sopportare le ingiustizie, di gestire la frustrazione, dall'esasperazione frutto di decenni di promesse non mantenute e di oppressione. Ma ora, quelli che pagheranno non potranno neppure sottrarvisi, non potranno neppure lamentarsene, perché verrebbero visti come traditori della patria. Diceva Jacinto Benavente che la cosa peggiore che fanno i cattivi è farci dubitare dei buoni. Ora, quelli che per decenni hanno razziato, ed hanno vissuto sulle spalle dei buoni, che lo fanno tuttora e continueranno a farlo, ci spingeranno a pensare che chi non si sottopone al sacrificio, chi protesta, è un nemico della causa comune, un nemico della patria.

Ma non facciamoci ingannare: chi è il vero nemico della patria?

martes, 6 de diciembre de 2011

FERRARA IL PORCO TEOCON

Giuliano Ferrara ha cercato di riportare di nuovo di moda un dibattito vecchio di 30 anni e chiuso nel 1978. Quello sull'aborto. Non dirò niente qui sull'aborto, giacché qualsiasi cosa sarebbe fuori luogo, eccetto il massimo e più profondo rispetto per le scelte -spesso dolorose- di ogni donna.
Cartoon: Giuliano Ferrara (large) by Giulio Laurenzi tagged ferrara,television,italy,pdl
È tipico delle persone che non sono capaci di cambiare e di adattarsi ai nuovi tempi, di vivere ancorate allo stesso tempo che li vide un giorno importanti protagonisti o gloriose figure pubbliche d'interesse. Costoro vivono in un perenne passato, continuando a pensare con le stesse categorie e cambiando a volte solo il sengo dei loro pensieri, giustificandosi con l'idea, vera, che solo gli imbecilli non cambiano mai idea. Ma ignorano il fatto che sono talmente cambiate le situazioni, i contesti, le necessità, i termini, le categorie, le priorità, etc., che pensieri uguali, ma di segno opposto, sono sterili, mentre solo pensieri emergenti, nuovi, basati su categorie nuove, possono far avanzare la società. Ma tant'è. La lotta di Ferrara al comunismo è un'ulteriore dimostrazione che egli vive ancora negli anni '70, quando era ancora qualcuno.
Oggi non è più nessuno, anzi è solo alcuni...al plurale, giacché occupa lo spazio di almeno tre persone.
Si noti che non l'ho chiamato "porco" perché è grosso e grasso e suda sempre ed ha i capelli unti ed un aspetto trasandato. NO. Ho troppo rispetto per le persone obese. L'ho chiamato porco perché somiglia a Napoleon, il maiale protagonista di Animal Farm, la favola di Orwell che tutti dovrebbero leggere, soprattutto i politici. Come lui, e come tutti i maiali, del resto, Ferrara è intelligente, ma cattivo. Il maiale è infatti un animale aggressivo e Ferrara lo è.

Era aggesivo negli anni '70, quando tirava le molotov alla Polizia -anche se ora la difende quando picchia i manifestanti- e lo è tuttora. Figlio di un senatore comunista, è sempre visuto nella politica, in quella brutta, quella dei partiti e delle istituzioni. Quella dei nepotismi e delle raccomandazioni, dei favoritismi e della piaggeria. Ed anche quando ha militato nella politica bella, quella dei movimenti, è stato cattivo e violento. Con un certo gusto per la polemica, anche gratuita, è stato membro del PCI, dal quale poi è stato cacciato. È stato craxiano convinto. È stato un convinto spione della CIA negli anni 80. Lui che era comunista ed ha fatto il '68, ha servito la CIA, che di colpe ne ha non poche riguardo alla deriva violenta dei movimenti, nell'Italia del terrorismo e degli anni di piombo, dell'omicidio Moro e delle stragi di stato, del terrorismo nero e della strategia della tensione.
Ferrara è pasato poi dalla parte dei berluschini, perché erano gli unici a vedere ancora qualche comunista, quando ormai in Italia erano spariti da un pezzo e forse non c'erano mai stati.
È il direttore di un libello infame che fortunatamente leggono in pochissimi e che sopravvive grazie alle sovvenzioni dei politici e degli industriali (prestati alla politica) cui è asservito. Un'abitudine tipica dei giornalisti italiani e soprattutto dei giornalisti politici. Ci sguazza nell'assistenzialismo di stato, lui, figlio di un senatore, abituato quindi al benessere di stato, salvo poi sparare contro il welfare, la società civile, ed il progressismo liberale. Come molti è liberale solo quando gli conviene, ma è stalinista ad libitum.
Passato completamente di moda, ha trovato solo un modo per restare alla ribalta, cioè facendo un salto intellettuale all'indietro di qualche secolo: andando così in totale controtendenza.
Si definisce neocon e/o teocon, perché ama la guerra, ma odia la guerra santa degli islamici (per favore non chiamatelo "terrorismo", almeno non tutto), non odia l'afflato mistico della religione, neppure di quella islamista, am su tutte ama la religione cristiana, che considera la migliore. E propugna il ritorno della legge di Dio (di un dio particolare) come concetto ispiratore della legge dello stato. Tuttavia ignora o nasconde espressamente che i neocon americani non ametterebbero mai che un giornale venga pagato dai contribuenti invece che dai lettori. Dei neocon americani, ignoranti ipocriti retrogradi e cattivi come lui, a Ferrara interessa solo una cosa: gli danno l'opportunità di rivivere il suo passato, e di poter parlare, lui che in un mondo come quello attuale non avrebbe più nulla da dire. Rappresentante degnissimo di quest'Italia di comunisti cattolici (che ossimoro!) lui amplifica i messaggi della Chiesa e per puro protagonismo si fa portavoce dei procalmi antiabortisti di un'istituzione antidemocratica ed oppressiva, schierata da sempre con il potere (politico, economico, mafioso, militare), insensibile alle spinte di rinnovamento che da secoli l'attraversano giungendole dal di dentro e dal di fuori, costantemente impegnata a mantenere lo statu quo salvo quando non le conviene, un'istituzione maschilista e retrograda, difficilmente al passo con i tempi, un'istituzione dove gli scandali di pedofilia venivano e vengono messi a tacere o minimizzati.
Ferrara lotta conotro i comunisti, lui che lo è stato, lui che è figlio di comunisti; lotta contro l'aborto, lui che ne ha "vissuti" tre, lui che forse è proprio il figlio riuscito di un aborto mancato.

Ferrara lotta contro il suo passato. Ora, è noto che la scrittura è un modo per gestire le proprie nevrosi, ma per farci e farsi un favore, piuttosto che scrivere, Ferrara dovrebbe andare da uno psichiatra.
L'immagine seguente, che sintetizza tutto quel che penso della Chiesa come istituzione (della quale salverei ben pochi movimenti e solo alcune persone), è dedicata a lui!

STEVE JOBS: MA QUALE RIVOLUZIONE?!

Steve jos è morto da ormai due mesi. Non ho scritto nulla prima per tre ragioni. Perché mi sarebbe sembrato di fare il tipico coccodrillo; perché mi sarei approfittato della risonanza della sua morte; e poi perché nell’impeto agiografico di quasi tutti e nel calore delle passioni a fior di pelle, nonultima la tristezza per la morte di un essere umano, non sarebbe stato facile digerire quello che penso e scrivo qui ora. Ecco quindi che con un po’ di ritardo ma anche con la pacatezza della riflessione scrivo quel che penso di lui.

Di lui si è detto di tutto: ma soprattutto “un genio”, “un innovatore”, “un rivoluzionario”, “un sognatore”... di lui si è detto tutto, forse. Ma personalmente mi sfugge l’idolatria nei suoi confronti. Mi sfugge soprattutto il fatto che lo si chiami rivoluzionario e questo perché ho troppo rispetto per chi le rivoluzioni le fa o le ha fatte davvero: si chiami Gesú, Martin Lutero, Copernico, Gutemberg, Mandela, Gandhi, Lenin, Che Guevara, Mohamed Yunus (quello dei microcrediti), Jimmy Wales (?), etc.

Certamente Jobs era un ragazzo brillante e sognatore, ha creato dei prodotti fantastici e di culto, è stato una specie di Re Mida che ha convertito in oro tutto cio che ha toccato, dalla Apple (che aveva inventato e dalla quale era stato cacciato)  alla PIXAR. Ma per l’umanità che cosa ha fatto? In che cosa è stato rivoluzionario? Che cosa di quello che ha fatto è servito a cambiare il mondo? Un touch screen? Un meccanismo giroscopico? Il fatto di vendere musica su internet? O il fatto di far assemblare in Cina i propri prodotti orgogliosamente “designed by Apple in Clifornia”? Cosa che del resto fanno ormai tutti quanti.

Se avesse regalato la sua fortuna al Benin o se l’avesse impiegata per formare generazioni di africani poveri a costruire delle fabbriche o a coltivare dei campi in modo efficiente o se avesse regalato dei computer ai poveri dell’America Latina, para colmare il digital divide, se avesse comprato tutte le fabbriche d’armi americane per chiuderle, allora sì che sarebbe stato rivoluzionario. Se avesse spinto per una cultura condivisa e gratuita su internet, se avesse creato una scuola di punta gratuita e solo per i figli di persone a rischio di esclusione sociale, allora sí che sarebbe stato un rivoluzionario.

Mi piacciono i Mac e gli IPod e gli IPhone e gli IPad, li trovo dei prodotti geniali, attraenti e riuscitissimi... ma, sono spiacente, il sogno di Steve Jobs è stato puramente capitalista. È stato il sogno poverissimo dell’arriccihmento personale. È stato un sogno pubblicitario, commerciale, basato sull’esclusività, sulle belle forme, sul desiderio irraggiungibile per molti (che cos’è un Mac se non tutto questo?). È stato un sogno poverissimo, con niente di rivoluzionario dentro (intenzioni) e senza niente di rivoluzionario fuori (risultati). Ed a quanto pare non sono l’unico a pensarlo: ho notato con piacere che un autore brillante come Alexandre Stille, dalle pagine del suo blog, la pensa come me. Che cosa c’è di straordinario o di rivoluzionario nel pur tuttavia grande Steve Jobs? Niente.

viernes, 2 de diciembre de 2011

DAMNATIO MEMORIAE

Chi abbia studiato il latino se ne ricorderà. Se ne ricorderà pure chi abbia amato la storia di Roma, sulla quale il sistema scolatico italiano insiste parecchio, forse perché è da lì che veniamo, e perché è l’unico momento veramente glorioso di cui possano vantarsi gli italiani.

Si ricorderà di certo il fatto che quando un imperatore moriva, difficilmente di vecchiaia e spesso avvelenato o vitima di un’imboscata, quasi sempre ad’opera dei suoi stessi fedeli o famigliari, se era stato buono veniva ricordato con agiografie, statue, fori a lui dedicati e consacrati e con l'apoteosi, l'assunzione all'Olimpo, prova che le divinità, in un modo o nell'altro sono sempre e solo umane. Casi celebri di apoteosi sono quelli di Cesare, Ottaviano Augusto, Marco Aurelio, Costantino, etc.

Quando invece l’imperatore era stato considerato indegno, quasi sempre dai senatori, che costituivano un gruppo i potere fortissimo ed estremamente conservatore, su di lui si abbatteva inesorabile la damnatio memoriae, cioè si condannavano alla distruzione tutti gli oggetti che ne evocavano la memoria, il ricordo: statue, effigi, immagini, steli. Un po’ come si è fatto in Italia con le immagini pubbliche di Mussolini, o in Russia con le statue ed i busti di Stalin e Lenin o più recentemente in Irak con la statua di Saddam Hussein, ed ultimamente in Libia con le immagini di quel farabutto botoxato di Gheddafi, che ha fatto la fine che meritava, con buona pace di quegli ipocriti della NATO.
Ecco credo che sia arrivato il momento ora di praticare anche noi questo rito collettivo con il tiranno che è partito, anche se incombe ancora dall'ombra. Bisognerebbe cancellarlo. Per cancellare l’infamia che ha provocato. Bisognerebbe cominciare cancellandone gli “oggetti” che lo ricordano, almeno quelli principali, quelli che ce lo ricordano di più: si potrebbe cominciare dalle varie Minetti, Carlucci, Carfagna e Gelmini, continuare con i vari Alfani, Schifani, Ghedini, Feltri, Bondi, Ferrara, Sallusti, Minzolini, Lavitola, Tarantini, Larussa, Alemanno, Gasparri, etc. Bisognerebbe cominciare a cancellarli dalla scena politica, dalle televisioni, dai giornali, non citarli quando parlano, non fotografarli, non riprenderli, ignorarli, per farli così svanire dall’universo mediato (TV) nel quale accade la politica. Farli scomparire: purgare l’universo politico mediato.

Si potrebbe cominciare a cancellare dal vocabolario e dalla tecnica politica parole, frasi, pensieri, stili, metafore, categorie, gesti, tic e comportamenti che ci ricordano il tiranno, la sua persona, il suo modo di fare. Si potrebbe cominciare, per esempio, eradicando dai discorsi pubblici, cioè dai discorsi dei personaggi pubblici (quindi non solo dei politici) e delle istituzioni, il personalismo, il manicheismo, il maschilismo, il vittimismo, l'immaturità, l'egocentrismo, l'egoismo, l’omofobia, il disprezzo per le norme e le regole, il disprezzo per la diversità (di pensiero, religione, ideologia, sesso, razza, di comportamenti, etc.).

Bisognerebbe cancellarlo, ma senza dimenticarcene. Ridurlo ad un cattivo ricordo del passato, da non evocare, ed anzi quasi da tacere, come il suo nome, se non fosse per quei casi in cui lo si usa come monito per il futuro.

jueves, 1 de diciembre de 2011

VIVA LA CHIESA!!

In occasione della Giornata Mondiale della lotta contro l'AIDS e ad una settimana esatta dal 20º anniversario della morte di Freddy Mercury, una specie di simbolo della lotta all'AIDS, è importante ricordare il diktat della Chiesa Cristiana Cattolica Apostolica Romana e la sua posizione intelligente e realista in materia di prevenzione delle gravidanze indesiderate e delle malattie veneree, come l'AIDS.