domingo, 5 de febrero de 2012

LA POLITICA DELL'ANTIPOLITICA

Sento spesso parlare di politica e di antipolitica. Non ultimo Ilvo Diamanti in un suo articolo su Repubblica, in cui analizzava la politica italiana ed una sua deriva immediata ed ipermediata. Mi spiego. Scrive Damanti (riportato in rosso), commentanto i risultato dell’indagine Demos &Pi, sulla valutazione dell’Esecutivo, che l’Italia è diventata una democrazia immediata in un doppio senso:

A) Perché ogni domanda e ogni spinta sociale si rovescia "immediatamente" sulla scena pubblica. Visto che non solo i media tradizionali (per prima la Tv), ma Internet, i cellulari e i palmari, FB e Twitter danno visibilità e rilevanza "immediata" a ogni rivendicazione e a ogni protesta. Mentre ogni rivendicazione e ogni protesta può, comunque, produrre conseguenze pesanti a livello pubblico e sociale, quando sia in grado di interrompere la comunicazione e la mobilità - strade, autostrade, città, aerei, ferrovie.

B) Ma questa democrazia appare, d'altronde, im-mediata, in quanto priva di "mediazioni" e di "mediazione". Per il deficit di rappresentanza politica espresso dai partiti. Per la tendenza e la tentazione di affidare l'unica forma di mediazione ai "media".

In realtà Diamanti si sbaglia, dato che confonde, come spesso accade, il media con il mittente. Il fatto che i nuovi movimenti sociali usino dei media, e soprattutto dei media non tradizionali (FB, internet, etc.) non significa che i media siano i mittenti. E questo lo porta al secondo errore nella sua analisi, un errore, se possibile, ancora più grossolano, ma ancora più diffuso, anche nel resto d’europa, e cioè quello di confondere la politica istituzionale con la politica. Scrive Diamanti:

Questa democrazia im-mediata e iper-mediata (dai media), al tempo stesso, può, forse, piacere a coloro che celebrano l'antipolitica e auspicano la morte della politica, dei politici e dei partiti. Ma rischia di compromettere le sorti della democrazia rappresentativa.

L’errore di Diamanti e di molti altri, compresi, se non soprattutto, dei politici tradizionali, è quello di pensare che la politica istituzionale esaurisca le vie della politica, ed anzi che la politica istituzionale sia la sola politica, cioè la sola attività degna del nome “politica”. Questo è ovviamente falso, giacché la politica istituzionale, soprattutto così come la conosciamo noi italiani, così come, sfortunatamente, siamo stati obbligati a vederla “fare” in decenni di democrazia imperfetta, è solo un modo di fare politica. Si badi che i politici istituzionali o di professione, insieme ai giornalisti politici, che sono organici a questo sistema politico istituzionale, hanno sempre tentato, con tutti i mezzi possibili, di escludere dal campo politico (inteso nei termini di Bourdieu), cioè dall’esercizio del potere, ma non dall’esercizio della politica, tutti quei soggetti o quelle forze non incluse nel campo politico così come delimitato dai politici di professione e dai media, elemento per altro fondamentale del campo politico burdieuiano. Potevano escluderli dal campo politico e dall’esercizio del potere, come in effetti hanno fatto, ma non potevano escluderli dall’esercizio della politica perché quei soggetti già creavano e diffondevano discorsi politici o realizzavano azioni politiche: manifestazioni, poster, critica, etc. Per quanto queste azioni e questi discorsi venissero emarginati o taciuti o minimizzati o nascosti o addirittura osteggiati.

Ora, i movimenti, gli indignati, i girotondi, e come essi i centri sociali, non sono soggetti antipolitici, come si sforzano di ripetere per farcelo credere i politici di professione ed i media, che da quelli dipendono. Tutt’altro. Sono soggetti altamente politicizzati e politici nel senso che realizzano azioni politiche e propagano discorsi politici. In realtà questa categoria di pensiero (politici sono solo I POLITICI) è talmente diffusa che gli stessi membri delle organizzazioni di indignati si definiscono, erroneamente, apolitici o aideologici. Questo è ovviamente impossiblie. Non sono DEI POLITICI, ma sono dei soggetti politici (e quindi ideologici). Sono dei soggetti politici anti-istituzionali, se proprio vogliamo trovare una cosa rispetto alla quale sono anti. L’errore di analisi di Diamanti lo porta ad errare le conclusioni, quando afferma che auspicano la morte della democrazia. In realtà questi movimenti sono il vero motore della democrazia, anzi ne sono l’unico vero motore, giacché è ampiamente dimostrato da decenni di storia italiana, che quella che abbiamo visto finora non era una democrazia rappresentativa, ma un’oligarchia al servizio dei potentati economici e delle varie caste italiane ed internazionali. Inoltre Diamanti identifica politica e partiti, e si sbaglia a considerare questa forma nuova di politica (di attività politica e di discorso politico) come nociva o letale per la democrazia. Potrà esserlo forse per la democrazia rappresentativa attuale,o per I POLITICI così come li abbiamo conosciuti finora, ma la democrazia che abbiamo visto finora è sola una forma di democrazia, se proprio lo era. Perché forse la democrazia (rappresentativa) è un’altra cosa.

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